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Durante una mia recente visita alla città di Firenze, ebbi modo di ammirare dal vivo la “Dama dal mazzolino“, opera  realizzata nella seconda metà degli anni Settanta del XV secolo e ormai universalmente accreditata ad Andrea del Verrocchio, sebbene vi siano alcuni studiosi che ritengono possibile un intervento di Leonardo da Vinci.

La particolarità che fanno di questa scultura un’opera innovativa è il taglio della figura, che arriva fino ai fianchi, e l’inclusione della raffigurazione delle braccia e delle mani, elementi presenti nella pittura nordica introdotti nella seconda metà del Quattrocento a Firenze.

Nella mostra “Verrocchio, il maestro di Leonardo” allestita a Palazzo Strozzi, era posta a confronto nella stessa sala con un altro paio di busti che, pur di eccellente qualità, “prive delle braccia e mani” mettevano in risalto la differenza, così da apprezzarla maggiormente.

Un’opera sorprendente che incanta per grazia e nobiltà della posa, dove la presenza delle mani, che con delicatezza sorreggono stringendolo appena un mazzolino di fiori, testimoniano l’intenzione dello scultore di riprodurre mediante il movimento la vita stessa: osservarla con calma si può quasi percepirne il respiro e non ci si stupirebbe se ad un certo punto il volto accennasse a un sorriso più marcato o se le delicate vesti vibrassero a causa di una leggera folata di vento.

Il volto classico, senza tempo che ci pare antico e attuale al medesimo tempo, la posa intrisa di tenerezza esaltata dalle pieghe dell’abito semplice ma ugualmente raffinato nei particolari, quasi in stile barocco, la raffinatezza dell’acconciatura dei capelli e sopratutto la delicatezza delle mani conferiscono a questa scultura la denominazione di capolavoro e passibile di condurre un amante dell’arte a quell’estasi denominata Sindrome di Stendhal.

La somiglianza che alcuni studiosi hanno intravisto con il ritratto di Ginevra Benci, dipinto di Leonardo da Vinci realizzato in età giovanile (databile tra 1478 e 1480), è il motivo per cui si pensa che l’allievo del Verrocchio possa essere intervenuto nella realizzazione dell’opera, operazione non inusuale nelle botteghe rinascimentali dove il Maestro si avvaleva dell’opera degli allievi per le parti minori.

Allo stesso tempo è plausibile che Leonardo abbia studiato proprio la posa di queste mani, appuntandole nei suoi quaderni, che per lui erano alla pari di una memoria esterna di un PC, e che abbia tratto ispirazione nella realizzazione del suo dipinto realizzato in seguito.

E’ l’eterno tema delle attribuzioni, che difficilmente troverà tutti d’accordo e che sovente crea attriti e lotte non da poco: tuttavia a noi è sufficiente poter continuare ad ammirare le grandi opere che grandi artisti ci hanno donato, attribuirle all’artefice è certamente importante, ma maggiormente importante e commuoverci alla loro vista e questo è il migliore modo per ringraziare gli artefici.

Marco Mattiuzzi – 28/07/2019

Gruppo Facebook “Pillole d’Arte”

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