
Il 5 febbraio, la Chiesa ricorda Sant’Agata, una santa che appare in numerose tele e raffigurazioni. La possiamo trovare, sovente con pose che ricordano Santa Lucia, rappresentata con gli attributi – i simboli che identificano il personaggio ritratto, che si rifanno ai patimenti subiti – della palma del martirio in una mano e nell’altra un piatto o vassoio su cui si trovano le mammelle recise, quest’ultimo l’attributo iconografico principale della Martire.

Possono essere presenti anche le tenaglie, strumento del supplizio a cui è stata sottoposta, ma se ci fossero solo queste si deve prestare attenzione di non confonderla con Sant’Apollonia, martirizzata cavandole tutti i denti (e per questo ora è la patrona dei dentisti), quindi le tenaglie di Sant’Agata non devono stringere dei denti.
Oltre a questi attributi principali, si può trovare un braciere con carboni ardenti o un fuoco da legna, una torcia oppure un cero, il vulcano Etna in eruzione con la città di Catania sullo sfondo.
Può anche esserci la presenza di un libro, come testimonianza del Vangelo, e un giglio simbolo di candore e purezza; la palma può essere sostituita o accompagnata da una corona di rose retta da angeli.

Le opere presentate a corredo della breve scheda sono:
Sebastiano del Piombo (1485-1547), Il martirio di sant’Agata, Palazzo Pitti, Firenze;
Elisabetta Sirani (1638-1665), Sant’Agata;
Guido Cagnacci (1601-1663), Sant’Agata (1635-1640 ca), BPER Banca, Modena;
Giambattista Tiepolo (1696-1770), Il Martirio di Santa Agata (ca. 1750), Gemäldegalerie, Berlino.
Bernardino Luini (1482-1532), Sant’Agata (1520), Galleria Borghese, Roma;
Ambito di Giannandrea Lazzarino, S. Agata in carcere, XVIII sec., Galleria Nazionale delle Marche, Urbino;
Marco Mattiuzzi – 05/02/2019
Gruppo Facebook “Pillole d’Arte”

Sant’ Agata in carcere


Il Martirio di Santa Agata