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Le Cappelle Medicee adiacenti alla Chiesa di San Lorenzo di Firenze riservano al visitatore delle scoperte inaspettate: si sa che si potranno ammirare le tombe di Giuliano e Lorenzo de’ Medici, realizzate da Michelangelo in quel capolavoro di architettura e scultura rinascimentale che è la “Sagrestia Nuova”, e ci si aspetta anche di entrare nella sfarzosa Cappella dei Principi, ambiente ottagonale sormontata  da una cupola che raggiunge un’altezza di 59 metri, la seconda per maestosità in città dopo quella del Brunelleschi.

Ma difficilmente il visitatore si attende di vedere nella cripta un tesoro di reliquiari del sei/settecento di fattura mirabile: capolavori assoluti, raramente se ne vedono così tanti in un unico ambiente, tutti ben conservati ed esposti correttamente.

Sebbene oggi il culto alle reliquie non sia certo a livelli medievali o anche solo di 50 anni fa, quasi si tratti di superstizione o nelle migliori delle ipotesi classificati come “religiosità popolare”, non si può esimersi a considerarle con rispetto: in fondo, che siano o no parti del corpo di un santo o di una persona comune, appartenevano comunque a persone che un tempo erano vive e pertanto vanno sempre trattate con rispetto.

E’ legittimo  supporre che sovente i resti non fossero effettivamente dei santi, così come anche le reliquie “per contatto” (cioè oggetti che usava il santo o che erano stati a contatto con la sua persona), si racconta che se si mettessero insieme tutti i pezzi di legno che si considerano appartenuti alla croce dove fu inchiodato Gesù si potrebbe costruire con essi una intera nave, oppure con i chiodi rinvenuti aprire una ferramenta, ma nonostante tutto questo il Magistero della Chiesa ha sempre difeso il culto delle reliquie, dal concilio di Nicea (anno 787) fino ai tempi più recenti del Concilio Vaticano II.

Non disquisirò sui motivi che hanno portato a venerare le reliquie, dovrei scrivere – ammesso che ne sia all’altezza – diverse “Pillole”, quindi mi limiterò a sintetizzare sommariamente – mi perdonino gli esperti del campo – affermando che venerare un corpo – o parti di esso – appartenuto ad un Santo è come adorare Cristo stesso, in quanto il Santo per essere tale aveva accolto dentro di sé Cristo stesso: questa convinzione portò a seppellire nelle prime chiese i resti mortali dei santi al fine di poterli venerare nei loro sepolcri, e successivamente, poiché non tutti potevano recarsi in pellegrinaggio in luoghi lontani, allo smembramento dei resti destinandoli alle varie chiese e abazie più importanti, nonché a nobili, principi e sovrani.

Naturalmente se un resto corporeo di un Santo contiene il Cristo, non si poteva riporlo in contenitori che non fossero regali: da qui il fiorire di un’arte di cesellatura dei reliquiari che ha creato dei capolavori di oreficeria e argenteria, degli scrigni sovente molto originali nelle fattezze, ornati di pietre preziose e statuette che dovevano oltre che ospitare degnamente i resti mortali dei Santi rappresentare la ricchezza e il potere di chi li possedeva o li donava.

I reliquiari presenti nella cripta delle Cappelle Medicee provengono in parte dalla Cappella Reale di Palazzo Pitti, e quelli commissionati da Cosimo III, realizzati dalle maestranze specializzate operanti nei laboratori di corte sul finire del XVII secolo e all’inizio del Settecento, si distinguono per la straordinaria qualità artistica.

Marco Mattiuzzi – 02/06/2019

Gruppo Facebook “Pillole d’Arte”

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